Viaggi in saldo nel limbo di Smirne

Scritto per Pagina99, 4 Gennaio 2016

A pochi passi da un piccolo hotel nel quartiere più tetro di Smirne, Amer sta aspettando la telefonata di uno smuggler per mettersi in rotta finalmente verso i mari dell’Egeo. Una settimana prima è partito da Damasco con una ventina di amici e parenti alla volta del Libano e della Turchia. I loro zaini sono già pronti, poggiati a terra insieme ad un sacco nero, contenente un pacco di sgargianti giubbotti di salvataggio, acquistati qualche giorno prima su una bancarella proprio fuori dall’hotel. “Non potevamo più rimanere a Damasco” racconta. “Non volevamo neppure lasciare la Siria, ma la situazione si è fatta insostenibile. Inverno o non inverno, abbiamo deciso di partire.” Il quartiere di Basmane, celebre in passato per i traffici di droga e prostituzione, si è adattato in fretta al business del momento. Sulle vetrine di molti negozi i manichini non indossano abiti eleganti ma giubbotti di salvataggio, in vendita a seconda della qualità tra i 20 e i 50 euro circa. Gli hotel sono tornati a fare affari e ad ospitare centinaia di persone ogni giorno. Molti ristoranti hanno adottato un menu in arabo, mentre per i viottoli e i saliscendi del quartiere i “trafficanti di uomini” aspettano di soppiatto l’arrivo delle persone migranti, per organizzare loro l’audace spedizione verso le isole greche. “Abbiamo negoziato la tratta per circa 800 dollari a persona” racconta Amer, che sta approfittando della “bassa stagione” per raggiungere la Germania. Quest’estate, quando il flusso di migranti e richiedenti asilo in transito era di gran lunga più vivace, i prezzi s’aggiravano intorno ai 1200 dollari. Allora i taxi e gli autobus stracolmi di persone partivano ad ogni ora della notte, verso la costa e da lì su un’imbarcazione gonfiabile, per eludere il controllo delle guardie costiere turche.  Secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM), dall’inizio dell’anno più di un milione di richiedenti asilo hanno attraversato il Mediterraneo per raggiungere l’Europa, il 77% dei quali attraverso la Turchia e la Grecia. Per arginare il più grande flusso migratorio dal dopoguerra, il 29 Novembre a Bruxelles, l’Unione Europea si è impegnata a versare una cifra iniziale di 3 miliardi di euro per sostenere la Turchia nella gestione degli oltre due milioni di profughi presenti nel proprio territorio, nonché per limitare i continui sbarchi nelle isole dell’Egeo e l’approdo ai paesi dell’Europa continentale. In cambio di questa “ generosità” la Turchia si impegna ad adottare legislazioni volte ad assicurare ai rifugiati il diritto di lavorare e di avere accesso a servizi pubblici come sanità ed educazione, nonché a migliorare le procedure di registrazione e di asilo. Il principale scopo dell’accordo è di irrobustire i controlli delle guardie costiere, impedire che le persone migranti riprendano il mare dopo esser stati respinti, arrestare i contrabbandieri operanti nelle coste e al confine siriano e rendere l’ottenimento del visto turco più complesso per i paesi più esposti all’emigrazione. “Ho sentito parlare di un accordo simile tra la Merkel e Erdogan” racconta Amer, affermando di non essere poi molto preoccupato a riguardo. “Stasera, inshallah, saremo già in Grecia”. Buluthan, una guardia costiera di Izmir, ha accolto il patto tra Turchia e EU con sarcasmo: “non credo che questo accordo cambi molto per noi, ma grazie per i soldi!” afferma sorridendo. “Continueremo a comportarci come abbiamo sempre fatto. In questi mesi ci siamo concentrati sul monitoraggio dei migranti, ignorando il resto dei reati in mare, che sono considerevolmente aumentati. Vediamo cosa cambierà nelle prossime settimane.” Il comportamento della Turchia, da Settembre in poi, è stato aspramente criticato da un report di Amnesty International pubblicato nei giorni scorsi , il quale denuncia non solo gli abusi delle autorità turche nei confronti delle persone richiedenti asilo, ma anche la complicità dell’Unione Europea riguardo a queste violazioni dei diritti umani, proprio alla luce del recente accordo. Oltre alle detenzioni e ai respingimenti subite dalla persone migranti, Amnesty denuncia come negli ultimi mesi molte di loto abbiano subito continue pressioni per costringerle a tornare ai loro paesi d’origine, come Siria e Iraq, in totale violazione del diritto internazionale. Secondo Pırıl Erçoban, coordinatrice di Mülteci-Der, l’unica organizzazione a Smirne che fornisce consigli legali alle persone migranti riguardo ai diritti d’asilo: “questo è uno sporco accordo. I membri della comunità internazionale devono assumersi le proprie responsabilità di fronte a questa crisi umanitaria. Ora molti rifugiati rimarranno bloccati in Turchia, mentre molti altri continueranno a provare l’attraversata in modalità sempre più rischiose e pericolose. Questi soldi vanno usati per favorire l’integrazione dei richiedenti asilo e non per irrobustire i controlli ai confini.” Ad ogni modo, il nuovo regime di respingimenti post-accordo, sembra in teoria già funzionare. Circa tremila rifugiati sono stati arrestati nei giorni successivi all’accordo di Bruxelles nella città di Ayvacik, nella regione di Çanakkale, in un’azione di forza della polizia turca volta probabilmente a suscitare clamore mediatico e a far credere che la Turchia abbia preso fin da subito il lavoro sul serio. I respingimenti si sono susseguiti anche nei giorni seguenti. A mezzogiorno del 3 Dicembre, un gruppo di siriani è stato trasportato su un autobus alla stazione degli autobus di Basmane. Una signora esce a piede scalzi, con i capelli e i pantaloni bagnati e il giubbotto di salvataggio in mano. Scendono uomini, donne, bambini, alcuni di questi ultimi con volti pallidi e stravolti, stretti tra le braccia delle loro madri. Hanno appena percorso all’inverso lo stesso percorso fatto il giorno prima, da Smirne alla costa, con la speranza di imbarcarsi nel “viaggio della fortuna” e raggiungere l’Europa. “Ci hanno fermato dopo un’ora di viaggio” racconta Leila, figlia minore di una famiglia siriana di Latakia, città sulla costa siriana, a un centinaio di chilometri di distanza dalla città turca di Antiochia. “Eravamo in mare con un’altra cinquantina di persone, su tre barche diverse. Un’imbarcazione è riuscita a farla franca e a fuggire, mentre noi siamo stati riportati a riva dalle guardie costiere. Ci hanno caricato sull’autobus, costretti a pagare 10 dollari a testa per il biglietto e trasportati qui.” Leila e la sua famiglia non demordono e proveranno a rimettersi in mare, una volta ancora, nei giorni a seguire. Tra le migliaia di siriani in transito a Smirne c’è anche chi non se la sente di attraversare quel lembo di mare tra la Turchia e le isole greche, dopo aver visto le immagini dei corpi senza vita, trasportati dalle onde alle coste turche e a quelle greche. C’è chi decide di attraversare il confine di terra tra la Turchia e Bulgaria, chi con un viaggio avventuroso in solitaria e chi con uno smuggler, a seconda delle condizioni economiche. Ma le insidie di questo viaggio non sono affatto minori. Nella maggior parte dei casi chi entra in territorio UE via terra incombe nelle violenze, nei furti e nelle detenzioni perpetrate della polizia bulgara, un vero e proprio incubo per le persone migranti e richiedenti asilo. Ma a Smirne c’è anche chi ha deciso di fermarsi. “Ho pensato a lungo a partire” racconta Mahmoud, “ma non me la sento di partire per mare e di non poter più tornare in Siria, dove la mia famiglia vive tuttora. Sono già stato accettato da un’università in Germania, ma ancora non sono riuscito a trovare una forma legale per partire”. Mahmoud è arrivato a Smirne per consegnare dei documenti al consolato tedesco e sta aspettando sviluppi positivi che non sembrano arrivare. “Ogni tanto torno a casa per ricordarmi la realtà nella mia terra. La vita fuori dalla Siria mi sembra del tutto irreale”. 

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