Un rifugiato fotoreporter nell’Olanda di Wilders

Scritto per Left, 2 Giugno 2016 

Per Yaman Hendawi la passione per il fotogiornalismo è scattata con le prime dimostrazioni in Siria, nella primavera del 2011, quando ancora nessuno si aspettava che quelle scintille avrebbero scatenato un sanguinoso conflitto che si protrae tuttora. A quell’epoca lui aveva appena vent’anni. A manifestare era la gente del suo quartiere, gli amici coetanei, alcuni suoi familiari. Lui li seguiva e fotografava tutto quello che vedeva. Cinque anni dopo lo scenario è cambiato drammaticamente. Sono oltre 191.000 le vittime del conflitto siriano, tra le quali il fratello di Yaman. Cinque milioni di persone hanno lasciato il paese e ora vivono da rifugiati rispettivamente in Turchia, Libano, Europa e Giordania. Dal 2011 la Germania ne ha accolti 330.000, l’Olanda dal 2011 circa 32000. Yaman il biglietto per il Vecchio Continente se l’è comprato a 3400 euro, grazie ad un passaporto falso preso a piazza Viktoria di Atene, il centro delle attività di smuggling della capitale ellenica. “Mi hanno detto che avevo una faccia da europeo e che avrei potuto provarci così” mi racconta passeggiando tra i nuovi grattacieli della sua nuova città, l’Aja, capitale amministrativa dell’Olanda, che si autodefinisce la “città della pace e della giustizia”. Arrivarci, in Olanda, non è stato così facile come credeva. “Ero sempre impaurito e confuso” racconta. “Quando andavo all’aeroporto di Atene venivo fermato sempre al controllo linguistico. Mi agitavo e finivo per dir loro che ero siriano. La decima volta mi sono presentato con un passaporto spagnolo e sono riuscito a passare. Non potevo davvero crederci! Finalmente stavolta c’era qualcuno che non parlava spagnolo!” Le difficili esperienze della guerra e del viaggio da rifugiato, Yaman se la sta ora lasciando alla spalle. “Mi sento un vecchio dopo tutte queste avventure!”racconta scherzando. La sua famiglia è altrove. Madre e sorelle sono rimaste ad Istanbul. Il padre è in prigione ad Aleppo per essersi rifiutato di finanziare l’esercito di Assad. Il viaggio ha dovuto farselo da solo, ma le avventure si sono trasformate in esperienza e ora finalmente le cose si stanno mettendo piuttosto bene. Insegna fotografia come volontario al TESC International, studia olandese (“fortunatamente tutti parlano inglese qui”) e vive in un appartamento dopo aver cambiato sette posti dal suo arrivo in poi. Può contare su 900 euro al mese di sussidi governativi e si sente fortunato. “C’è chi è arrivato dopo di me che sta aspettando di fare le interviste da tempo. Tante persone sono bloccate nei campi e non hanno ancora la possibilità di iniziare finalmente una nuova vita”. Il consistente numero di arrivi dell’anno scorso in Olanda ha messo in guardia la leadership del partito conservatore, ora che l’estrema destra di Geert Wilders sta guadagnando momentum. Il brizzolato leader del “Partito della Libertà” che fa il tipo per la Brexit e vorrebbe l’Olanda fuori dall’UE è passato in testa ai sondaggi. Un personaggio politico che ha giudicato “la politica di apertura verso i migranti un’irresponsabilità che ha generato un’ondata di testosterone e un’epidemia di stupri”. Anche in un paese da sempre all’avanguardia riguardo alle politiche sociali e culturali, come la legalizzazione della marjuana, della prostituzione, dell’eutanasia e del matrimonio tra omosessuali, l’arma della paura ha fatto breccia, combinata al senso di smarrimento dell’identità olandese. “In Olanda e in altri paesi europei la gente ha il diritto di avere paura” tuona la retorica di Wilders, che esaspera i temi della sicurezza, del terrorismo e lo scetticismo nei confronti dell’eurozona. Fosse per Wilders, convinto di voler chiudere i confini per ogni immigrante proveniente dai paesi islamici, Yaman non avrebbe mai potuto ricostruirsi una vita in Olanda. Ed invece il suo destino sembra essere già scritto: continuare a fare il fotogiornalista. Raccontare la realtà è tutto quello che gli interessa. In Siria collaborava da freelance con agenzie come Reuters, AFP e Transterra Media, guadagnando intorno ai 10 euro per foto.  “Sentivo il bisogno di raccontare tutto ciò che succedeva intorno a me. Non ho mai pensato a quanto avrei guadagnato per farlo. Volevo semplicemente dare voce a questa rivoluzione”. Uno dei suoi reportage, pubblicato da Al Jazeera, gli è costato la prigione per sei mesi. Il padre, allora ancora libero, ha pagato la cauzione. A guerra in corso, Yaman ha organizzato delle mostre fotografiche ad Aleppo. Ad una di queste una sua amica è stata minacciata da alcuni membri dell’autoproclamato Stato Islamico per il modo in cui vestiva. Yaman ha cercato di difenderla ed è stato detenuto in una delle loro prigioni per un paio d’ore. “Farai meglio ad andartene se non vuoi mettere a rischio la tua vita- mi hanno intonato. Ho preso mia madre e le mie sorelle e siamo partiti per Istanbul, poi ho preso una barca per Lesbo e ad Atene ho deciso di comprare un passaporto” racconta. “Sono convinto di aver fatto la scelta giusta. Qui in Olanda mi sento il benvenuto. Sai di un posto dove posso esporre le mie foto?”

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