Un calcio troppo pericoloso
December 31, 2022Scritto per Terra Nuova - Di Nicola Zolin e Paloma de Dinechin
Meches bionde e capelli rasati sui lati, proprio come il suo idolo della seleção Neymar, il giovane Velbi scarta un paio di avversari e s’invola verso la porta avversaria, ma il suo tiro si stampa sulla traversa. Ha 16 anni e indossa quella stessa numero 9 che suo padre, stella del calcio locale, sfoggiava nel Campionato Paraense, giocando nel São Francisco Futebol Clube. Sguardo basso e concentrato, oggi Velbi affronta la squadra giovanile di Santarém, la città geograficamente più vicina al suo paese natale di Tiningu, situata nel punto di coincidenza tra le acque brune del Rio delle Amazzoni e quelle azzurre del fiume Tapajos. La madre Cleia, 41 anni, lo osserva da bordo campo. Per nulla al mondo si perderebbe una sua partita. Tifosa del Flamengo, è fiera di suo figlio come lo era del marito Haroldo Betcel, idolo calcistico in paese e presidente del club di Tiningu. Haroldo era rispettato in paese non soltanto per le sue abilità calcistiche, ma anche per la sua intransigenza e l’impegno costante in difesa del suo territorio e della sua gente. Una dedizione che gli è costata la vita. Il 29 settembre 2018 Haroldo è stato assassinato con un colpo di cacciavite alla schiena.
Tiningu è un quilombo: un insediamento abitativo che secondo documenti storici è stato fondato da sei schiavi, fuggiti dalle piantagioni dov’erano costretti a lavorare, verso la fine del XIX secolo. La popolazione di poco più di 300 persone è considerata diretta discendente di questi fuggiaschi. Alla base del quilombo c’è un’associazione che difende gli interessi di tutta la comunità. Una volta ottenuto il riconoscimento governativo officiale di quilombo come tale, il territorio può essere demarcato, per essere così protetto dalle invasioni dei grandi latifondisti e delle aziende agricole che si sono moltiplicate nell’ultimo ventennio tutt’intorno la zona di Santarém. Ciò ha causato la progressiva distruzione di ettari ed ettari di foreste per far spazio a coltivazioni di soia, miglio e riso. Si tratta di attività agricole che necessitano di molti litri d’acqua, risorsa per la quale Tiningu è piuttosto ricca, potendo contare su cinque sorgenti idriche.
Una di queste sorgenti si trova nel territorio di un proprietario terriero, Silvio Tadeu, che ha intrapreso una piscicoltura nei suoi 15 ettari di terra ai margini del villaggio. “La comunità aveva installato, grazie a una cassa collettiva, 40 tubi di 6 metri per far sì che l’acqua di questa fonte arrivasse al centro sanitario” ci racconta Ademil, zio di Haroldo Betcel e presidente dell’associazione quilombola tra il 2014 e il 2018. Il signor Tadeu rivendicava però la piena proprietà del punto d’acqua. Il centro sanitario è un’infrastruttura considerata fondamentale per la cittadinanza, essendo il primo ospedale situato a due ore di distanza. “Prima, anche per un morso di cobra, gli abitanti del villaggio dovevano recarsi a Santarém. Sappiamo bene che il tempo è fondamentale in questi casi” ci spiega Manuel Tenorio, autista da cinque anni dell’ambulanza del centro sanitario.
“Per sei mesi nel 2018, una o due volte alla settimana, Dorieldson, il dipendente dell’azienda agricola di Silvio Tadeu, interrompeva l’accesso all’acqua del centro sanitario, spesso quando ne avevamo più bisogno” ricorda Manuel. “Senza acqua non possiamo fare nulla. Tadeu voleva bloccare inoltre il flusso d’acqua che raggiunge l’igarapé - il laghetto del quilombo - che considerava sua proprietà” aggiunge Manuel. Cleia, moglie di Haroldo e impiegata nel centro di salute, era molto preoccupata in quel periodo. Parlava spesso della situazione con il marito, che a sua volta ne aveva parlato con Ademil, l’allora presidente dell’associazione. I vari tentativi di discutere con Tadeu da parte di Ademil non erano però andati a buon fine. Haroldo si decise così ad affrontare direttamente Dorielson sulla questione. “Non mi stressare” gli aveva risposto il giovane dipendente. “Faccio semplicemente il mio lavoro, quello che il mio capo mi dice di fare”. I due avevano circa la stessa età. Si incontravano spesso nelle serate festose nei villaggi della zona. L’indomani, durante una festa nel quilombo di Tiningu, i due cominciarono a litigare con veemenza, tanto che qualcuno nel villaggio fu costretto a dividerli. Dorielson era fuori di sé. “Ti ammazzo” disse ad Haroldo. “Non ne avresti mai il coraggio” gli rispose il calciatore. Ventiquattrore dopo, sceso il sole e terminato il torneo di calcio a Tiningu, Dorielson tornò da Haroldo e lo colpì violentemente alla schiena con un cacciavite.
“Cercava di parlarmi. Perdeva sangue dalla bocca. Non riusciva a dire una parola” ci racconta la moglie Cleia, cercando di non farsi travolgere dallo sconforto. “Gli dissi di stare calmo e in silenzio” aggiunge. Cleia saltò sulla sua moto per seguire l’ambulanza, ma suo marito morì ancor prima di raggiungere l’ospedale. “Gli avevo detto mille volte di non mettersi nei guai” Cleia ricorda. “Mettersi contro quella gente è pericoloso. Eppure Haroldo non li temeva. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per la propria comunità” ci racconta desolata, ma con un tono di orgoglio verso il defunto marito. Il nome di Haroldo Betcel compare oggi nell’elenco dei 1.733 difensori dell’ambiente uccisi negli ultimi dieci anni, secondo l’ultimo rapporto di Global Witness, pubblicato il 29 settembre 2022. In media, si tratta di un difensore dell’ambiente ucciso ogni due giorni. L’America Latina è la regione più colpita.
Dopo l’omicidio, Dorieldson fugge. Nessuno riesce a trovarlo. L’amico d’infanzia di Haroldo, Wenesow, confida: “Dopo la sua morte, per due, tre mesi, non sono più uscito di casa, terrificato com’ero. Ho persino pensato di lasciare Tiningu e di rifugiarmi a casa dei miei fratelli. La gente era convinta che Dorielson sarebbe venuto a prendermi. “Mio padre Bena ha fatto di tutto per ottenere la demarcazione del territorio del quilombo. Volevamo che Tiningu non fosse invasa dai fazendeiros. Eravamo diventati degli obiettivi sensibili per il nostro ruolo nella comunità, ma ce ne siamo resi conto troppo tardi”, confessa con gli occhi gonfi di lacrime. “Non posso ancora credere che abbiano voluto farci fuori” racconta con voce tremebonda, come se temesse tuttora per la sua incolumità. Suo zio Ademil ne è convinto: l’omicidio è stato ordinato da Silvio Tadeu. Ai funerali del calciatore sono oltre 500 persone a radunarsi. La processione assume un’importanza anche simbolica: Haroldo diventa il simbolo della resistenza delle comunità locali ai grandi proprietari terrieri. “Pensavano forse di farci paura, pensavano che avremmo chinato la testa dopo l’omicidio, ma questo non accadrà mai”, insiste Ademil.
Ironia della sorte, il riconoscimento governativo ufficiale del quilombo Tiningu, arriva due settimane dopo la morte di Haroldo: il territorio può ora essere demarcato. Una buona notizia in un momento terribile per la popolazione, che ha la sfortuna di trovarsi in una zona considerata strategica dai grandi produttori di cereali. I 3.857 ettari del villaggio di Tiningu sono situati sulle sponde del lago di Maicà, dove la multinazionale americana Cargill vorrebbe costruire un nuovo grande porto per esportare la soia in tutto il mondo. Il porto attuale, costruito senza valutazione di impatto ambientale a Santarém, ha portato allo sviluppo della monocoltura della soia e a una deforestazione senza precedenti. La situazione è peggiorata negli ultimi quattro anni di governo Bolsonaro, nei quali la deforestazione dei territori circostanti ha subito un’accelerazione vertiginosa. Uno degli agenti navali di Cargill, Rui Monteiro, difende l’azienda affermando “che negli ultimi anni Cargill si è impegnata a non comprare cereali da piantagioni create in zone disboscate illegalmente”.
Non la pensa allo stesso modo Manoel da Rocha, autorità indigena del popolo Mundurunku. “Queste aziende pensano che non abbiamo il diritto di sopravvivere nel territorio dove siamo nati e cresciuti”. Manoel rappresenta cinque comunità indigene tra cui quella di Açaizal, che sono state letteralmente assediate dal proliferarsi della coltura della soia nella regione. A giugno scorso, il suo vice è entrato in una proprietà per osservare il livello di disboscamento. Due braccianti agricoli l’hanno raggiunto a cavallo e minacciato di morte: “Barboni, figli di puttana, vedrete cosa vi faremo nella nostra proprietà”. Alla fine gli abitanti del villaggio sono accorsi a salvarlo. “Viviamo nel terrore che qualcosa di terribile possa succederci in qualsiasi momento” racconta Manoel. “Le aziende agricole hanno già deviato la maggior parte dei punti d’acqua che raggiungevano i villaggi Mundurunku” aggiunge con voce sommessa. La comunità di Açaizal è stata risarcita dalla prefettura, che ha creato un pozzo per permettere nuovamente l’accesso all’acqua per la comunità. “Chi può assicurare che le falde acquifere non siano state contaminate da tutti quei litri di pesticidi? “ si chiede preoccupato l’autorità indigena.
“I nostri fiumi attraversano la comunità di Açaizal e se nessuno ferma i grandi proprietari terrieri, la qualità delle nostre acque sarà compromessa per sempre” racconta Bena, padre di Wenesow ed ex leader comunitario del quilombo di Tiningu. Per Bena, la condizione dei popoli indigeni Mundurunku confinanti, “è uno specchio della situazione in cui possiamo trovarci se non continuiamo a lottare”. In paese, il tema dell’acqua è all’ordine del giorno. Ogni famiglia ne parla. La comunità collabora a ogni azione volta ad assicurare la difesa delle risorse idriche. Alissa Mota, una studentessa di agronomia di Tiningu, ha proposto all’associazione di raccogliere dei campioni d’acqua per farli analizzare in un laboratorio di Santarém. “È tutto contaminato qui intorno” racconta Alissa Mota. “Le comunità circostanti hanno visto la loro foresta scomparire giorno dopo giorno” aggiunge Alissa.
La vittoria di Luis Ignacio Lula da Silva alle recenti elezioni, che ha promesso uno stop radicale alla deforestazione, è stata accolta da molti come una ventata di speranza. Il popolo quilombola di Tiningu si augura che la fine della lotta sia vicina. L’assassino di Haroldo, Dorieldson, è stato arrestato dalla polizia tre anni dopo la morte di Haroldo a Manaus, dopo essersi reso colpevole di un altro omicidio. Sarà processato per l’assassinio di Haroldo il 12 febbraio 2023 da una giuria popolare. Rischia fino a 30 anni di carcere. La difesa parla di delitto passionale non premeditato: “Dorieldson si era avvicinato a una ragazza con cui Haroldo aveva una relazione extraconiugale. Tutto ciò non piaceva a Haroldo che cercava di intimidirlo. Quel giorno, Dorieldson stava lavorando alla fazenda con un cacciavite, Haroldo ha cercato di umiliarlo per l’ennesima volta e Dorieldson si è vendicato”, spiega l’avvocato di Dorieldson, Aguinaldo de Lima Gomez. La comunità di Tiningu si augura che il tribunale consideri che il movente del crimine è direttamente legato a questioni ambientali.
Silvio Tadeu, l’agricoltore che ha assunto Dorieldson, è il grande assente del processo. Nonostante sia stato convocato dal tribunale, non si è mai presentato, giustificandosi presentando dei certificati medici.
Questo reportage, sostenuto dal Journalismfund.eu, è il secondo di una serie di tre indagini sui difensori dell’acqua assassinati in America Latina.