Tra i migranti costretti a prostituirsi

 
Scritto per il Corriere della Sera -  Comincia a qualche centinaio di metri dal Partenone e dallo storico quartiere di Plaka la periferia di Atene, un microcosmo tormentato nel quali le tensioni si incrociano e la polis si trasforma e modella a seconda di chi l’inabita. È qui che la crisi nella capitale greca ha piantato i suoi artigli più che altrove, sui marciapiedi di piazza Omonia dove signori anziani chiedono l’elemosina, sulle vetrine dei negozi di Psirri che in comune hanno quel cartello giallo con la scritta rossa ενοικιάζομαι (in affitto), nei vicoli di Exarchia tra studenti e artisti squattrinati, militanti anarchici e rivoluzionari delusi, a Metaxourgio nelle case occupate dai gitani, a Gizi e a piazza Viktoria, snodo centrale delle migrazioni che attraversano la capitale ateniese. La periferia ha raggiunto il centro della città, dove negli ultimi tre anni oltre un milione di persone migranti sono transitate, dapprima di fretta nel viaggio verso la prossima frontiera, sostando tra piazza Viktoria e Omonia per trovare al mercato nero i documenti necessari o un passeur per continuare il viaggio. Pochi mesi dopo, questi luoghi sono diventati un limbo di temporanea disperazione per i circa sessanta mila bloccati in Grecia dopo la chiusura dei confini. Molti di loro sono giovani. Circa tremila sono i minori non accompagnati, dei quali soltanto 1228 sono registrati e beneficiano di un programma di accoglienza e protezione, mentre gli altri vivono per strada, nelle case occupate, in stamberghe affittate a basso costo e condivise con altri migranti di passaggio. Le procedure di richiesta di asilo e di ricongiungimento familiare di tutti loro sono gestite da un pubblico ministero soltanto. “I tempi di attesa sono spesso estremamente lunghi e i ragazzi perdono le speranze” mi racconta Sissy Levanti, che lavora per Praksis, un’organizzazione che gestisce gli alloggi dei giovani migranti. “La pressione psicologica su di loro è molto intensa. Uno su cinque ha bisogno di sostegno psicologico. I casi di depressione sono molteplici, i ragazzi si sentono impotenti e vulnerabili” continua. Tra i giovani migranti più in difficoltà c’è anche chi ha accettato di prostituirsi, pur di guadagnare quei pochi euro necessari per sopravvivere e non abbandonare le speranze. Ad Atene, in questo periodo, la distanza tra disperazione e prostituzione è diventata assai breve. È nelle panchine sotto ai lampioni dalla luce giallognola di piazza Viktoria che si apre un mercato per i più disperati, dove uomini di una certa età si siedono accanto ai giovani migranti, li compiacciono offrendo loro una sigaretta o qualcosa da bere e li sfiorano con una carezza prima di scambiarsi il numero di telefono. L’incontro avverrà altrove e in un altro momento, in alberghi affittati ad ore, in stanze private o nell’adiacente parco di Pedio tuo Areos, tra i cespugli all’ombra delle statue che celebrano gli eroi della Rivoluzione Greca del 1821, mentre a qualche metro di distanza uomini e donne fanno passare l’ago di una siringa attraverso la loro pelle, iniettando nelle vene un miscuglio chimico devastante che da queste parti chiamano σισα, o anche la “droga dell’austerità”. “La prostituzione ad Atene è un vecchio fenomeno, ma sta sfuggendo di mano ultimamente” mi racconta Tassos Smetopoulos, 53 anni, fondatore dell’associazione di inclusione sociale Steps. “Ogni sera una trentina di uomini greci frequentano la piazza per incontrare i giovani migranti. Alcuni sono così malati da credere di aiutarli, pagandoli per farsi sodomizzare” ci racconta passeggiando per piazza Viktoria, mentre osserviamo quegli uomini girovagare, chiacchierare e ridacchiare seduti accanto a giovani migranti. Uno di loro ha fatto un paio di giri della piazzetta guardandosi attorno, poi si ferma davanti a noi, notando forse che l’abbiamo osservato a lungo. “L’Europa ha voluto distruggere il nostro paese. Questi ragazzi sono in queste condizioni per colpa di Berlino e Bruxelles. Da cittadino mi sento in dovere di aiutarli” sbotta all’improvviso, prima di tornare a girare intorno alla piazza innervosito. “Finché la polizia non coglie uno di loro in flagrante non possiamo fare nulla” mi racconta Tassos. “E i ragazzi spesso credono di non aver altra scelta…” È successo anche ad Arash, sedici anni, afghano. Da circa un anno è arrivato in Grecia, ha perso i documenti quasi subito, ma non ha mai pensato di fermarsi qui. “Una sera stavo dormendo sotto ad un albero e un signore mi ha offerto da bere. Mi ha detto che potevo farmi una doccia a casa sua se mi andava. Ho accettato e poi mi ha chiesto del sesso” racconta a bassa voce singhiozzando. “Non l’avevo mai fatto prima. Se rifiutavo, dovevo tornare in strada. Non avrei mai pensato che un vecchio potesse chiedermi del sesso”. Partito con i risparmi della sua famiglia, Arash non parla inglese e non spiccica una parola di greco, ma sogna ancora di arrivare in Svezia. “Ci vive mio cugino” mi racconta guardando il panorama di Atene al crepuscolo dalla montagnola di Strefi, “ma ciò che mi interessa davvero è vedere finalmente la neve”.      

Using Format