Tra gli ulivi di Camini, dove resiste l’accoglienza
October 8, 2019Scritto per LEFT, 11 Luglio 2019. Un borgo abbandonato, le
case abitate ormai soltanto da topolini e serpenti, la cittadinanza locale
costretta ad emigrare verso la Germania, il Nord America, il Nord Italia. Il
sogno di un loro ritorno, mai avvenuto. Di un nuovo inizio, mai verificatosi. E
così, a passeggiare tra le dimore in rovina, non erano rimasti che i più
anziani. E chi come Selmo, che ha vissuto per 48 anni a Francoforte e ora torna
soltanto per le vacanze estive, portandosi un bagaglio di ricordi di una vita
che non c’è più. Da sempre la casa accanto alla sua ha il tetto squarciato. Fin
da bambino gli hanno raccontato che il proprietario è partito per l’Australia
dopo la seconda guerra mondiale. Voleva guadagnare abbastanza per poter
terminare i lavori: non è tornato più. Il processo di spopolamento inesorabile
ha costretto l’asilo a chiudere. Alla scuola elementare a un certo punto v’era
soltanto una classe unica, che raggruppava tutti i ragazzi dai 6 agli 11 anni.
Il tabaccaio aveva chiuso e anche per comprare il pane, si era costretti a
prendere l’automobile. Una storia già sentita? Si, e soltanto a 3km di
distanza. Da Riace al paesino di Camini ci si arriva con una passeggiata di
mezz’ora, tra campi di olivo e colline di terra, riarsa dal sole. Ma mai come
ora i due luoghi sembrano essere così distanti. A Riace la nuova
amministrazione guidata dal sindaco Trifoli - eletto dopo aver preso
illegittimamente un’aspettativa da dipendente pubblico a tempo indeterminato -
sta smantellando il progetto di Mimmo Lucano. Sono rimasti soltanto 50
rifugiati, tutti fuori dal progetto di accoglienza. L’ex sindaco e fondatore di
Città Futura è tuttora sotto processo e non può tornare a casa. Dal suo
arresto, l’autunno scorso, e dalla chiusura del progetto Sprar (che il Tar
della Calabria ha successivamente dichiarato illegittima) la Riace abituata ad
accogliere non si è ancora ripresa. Tre chilometri più a nord invece, i sogni
di un mondo nuovo, basato sull’accoglienza, si respirano ancora. Nel vecchio
borgo di Camini, la popolazione supera di poco le 300 unità e i rifugiati sono
oltre un centinaio. Eppure le vita scorre tranquilla, tra queste colline che
sembrano distanti da tutto il resto del mondo, e da un’Italia che ha scelto gli
immigrati come capro espiatorio per una crisi che da economica è diventata
soprattutto morale. Rosario Zurzolo, fondatore della cooperativa “Jungi
Mundu”, è stato uno degli ultimi bambini a frequentare la scuola
materna prima che chiudesse. Da due anni, grazie ai rifugiati, l’asilo a Camini
ha riaperto e ci sono ora 25 bambini. Alle scuole elementari ci sono 50
ragazzi. “L’obiettivo della cooperativa è di dare lavoro alla gente locale, per
tenere vivo il borgo” racconta Rosario. “Anche osservando il successo di Riace,
ci siamo resi conto che l’accoglienza era l’unica strada per salvare il borgo.
Ci sono stati innumerevoli ostacoli, ma dal 2014, con la vittoria del bando
Sprar, la comunità ha capito che stavamo facendo la cosa giusta”. Camini, a
differenza di altri paesi della Locride, Riace inclusa, ha capito che
diversificare le attività economiche avrebbe aiutato la comunità a
sopravvivere. Oltre al progetto di accoglienza, la cooperativa ”Jungi
Mundu” ha organizzato in questi mesi laboratori di danza, yoga,
fotografia, alcuni di questi grazie a dei progetti europei. Camini è stata
accreditata nel programma dei “Corpi Europei di Solidarietà”, ha vinto un
progetto europeo Erasmus + che si rivolge alle giovani generazioni, sta per
ospitare i campi estivi di Amnesty International. Il turismo è stato rilanciato
e l’affittacamere è un’importante fonte di guadagno per il paese. I fondi
vengono continuamente riutilizzati per ricostruire le case del centro storico,
con il grande lavoro di Cosmano e Cosimo e di rifugiati come Hassan e Kolli,
che hanno imparato il lavoro del muratore e stanno collaborando a ricostruire
quello stesso paesino che un giorno li ha accolti, utilizzando soltanto le
pietre della zona, come si faceva un tempo. I laboratori professionali
funzionano piuttosto bene. Nancy gestisce quello di ceramica. “Mi sono
sentita di entrare a far parte di una famiglia, nella quale ogni giorno ho
qualcosa da imparare” mi racconta, mentre lavora ad uno dei suoi vasi che vanno
a ruba. Al momento sono inoltre attivi i laboratori di falegnameria, di
artigianato, la scuola di italiano, la fattoria didattica, la scuola di calcio
e di ballo, offerti gratuitamente a tutta la popolazione. Nonostante il decreto
sicurezza e la riforma del sistema Sprar, il numero dei rifugiati è rimasto
intatto, con l’adesione di Camini ai corridoi umanitari. Circa la metà dei
rifugiati sono siriani, arrivati legalmente dai campi profughi in Giordania e
in Libano. Tutto ciò ha permesso a Camini di continuare a navigare verso il
proprio sogno, nonostante la tempesta politica che ha scosso l’Italia e la
Locride in particolare, dove molti progetti di accoglienza che in questi anni
avevano dato linfa al territorio, stanno piano piano chiudendo.