Riace: ora che succede?

Scritto per Il Corriere della Sera. Ottobre 2018.

É passata più di una settimana dal corteo di solidarietà organizzato per il sindaco Mimmo Lucano e le strade di Riace sono tornate ad essere sonnacchiose e indolenti. Ogni tanto passa qualche turista improvvisato, affascinato dalla recente storia della cittadina e si ferma a curiosare tra le sue viuzze, popolate da coppie di anziani e da famiglie di africani arrivati a Riace per ragioni diverse, dopo aver attraversato il Mediterraneo ed essersi lasciati alle spalle un passato tormentato. I rifugiati e i richiedenti asilo compongono ad oggi circa un quarto della popolazione di questo paesino arroccato a 800 metri sul livello del mare, a qualche chilometro dalla costa ionica. Tra loro c’è Aiva, che passa sotto la casa del sindaco agli arresti domiciliari gridando “Mimmo libero”. Lucano lo guarda dalla finestra con gli occhi lucidi, senza riuscire a sorridere. Al contrario, si stropiccia gli occhi e assume un’aria triste. “É il grido dell’Africa nera questo, un grido di sofferenza” afferma. Poi siede nel divano, appoggia la mano alla testa. Rimane in silenzio, respira. “Non ce la faccio più” sussurra. Aiva nel 2010 è stato colpito da un proiettile durante una sparatoria a Rosarno, dove si era insediato al suo arrivo in Italia e non ha mai scoperto chi fosse il responsabile. In Togo faceva il commerciante, ma in seguito a una serie di proteste anti-governative decise di scappare, perché ricercato, prima in Burkina Faso, poi in Libia e da lì in Italia. La telefonata di Mimmo Lucano ha cambiato il suo destino. “Mi ha chiesto se volevo venire a vivere a Riace e ho accettato. Qui ho iniziato un’altra vita. Grazie a Mimmo ho dimenticato tutto” racconta. Per lui Mimmo è come un padre e non riesce a capacitarsi all’idea che l’abbiano arrestato. Non riesce ad immaginarsi una permanenza a Riace senza di lui. Sabato 6 Ottobre era in prima linea durante la manifestazione che attraversava le strade della città, tra le grida “Mimmo libero”, “Riace non si arresta” e le note di “Bella Ciao”, tra persone che sono rimaste sotto la finestra del sindaco anche sotto la pioggia per mostrargli la loro vicinanza. Mimmo Lucano ha salutato la folla commosso, prima di sporgere il pugno sinistro verso la folla. “Il nostro progetto non finisce qui” mi racconta, “ma ora sono stanco, sono molto amareggiato”.

É il 1998 quando un veliero di profughi curdi sbarca sul litorale di Riace marina. A Riace ci si adopera per accoglierli alla meno peggio, grazie a un network di attivisti che si consoliderà nel corso degli anni. É in quei giorni che nasce la visione di quello che con il tempo Riace diventerà: un esperimento di convivenza tra persone provenienti da luoghi diversi, il tentativo di far rinascere un villaggio sempre più disabitato, stravolto da uno tsunami demografico di cittadini che lasciano le proprie terre per cercare impiego al Nord d’Italia oppure all’estero. Un’utopia che risponde a una vera e propria emergenza: dal Mezzogiorno sono emigrate 1 milione e 113 mila persone, 653 mila soltanto tra il 2008 e il 2015, tra i quali 478 mila di cui 133 mila laureati. É anche per questo che Riace diventata nel tempo un laboratorio politico per chi si occupa di accoglienza, in particolare di accoglienza diffusa tramite il progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che proprio Mimmo Lucano ha aiutato a redarre a inizio millennio, con la riforma del diritto di asilo. Lucano diventa sindaco nel 2004 e da allora è il comune a gestire direttamente i progetti di accoglienza e ad affittare le case rimaste vuote e sfitte ai richiedenti asilo che arrivavano a Riace. Da allora, con i fondi del ministero dell’interno, quei famosi 35 euro che alcune cooperative che si occupano di migrazione hanno dimostrato di gestire in modo improprio, sono stati impiegati per riaprire alcune botteghe, per far ripartire la scuola e un ambulatorio medico. Il progetto di Domenico Lucano ha dimostrato che l’immigrazione a Riace può essere un’opportunità di cui tutti possono beneficiare.

Ad ogni modo, gli ultimi due anni sono stati molto complessi per il sindaco e la sua amministrazione. La situazione che raccontai tre anni fa su questo giornale è cambiata molto. I laboratori e le botteghe che impiegavano una sessantina di persone locali, insieme ai richiedenti asilo, sono chiusi da diversi mesi. É deserto il laboratorio dove Hare Gu e Maria lavoravano il rame e il vetro, come le botteghe di ricami dove avevano trovato impiego alcune rifugiate afghane. I lavori nella fattoria didattica, uno dei progetti preferiti del sindaco, dove lavorava Bahram Acar, l’unico migrante curdo rimasto di quelli sbarcati nel lontano 1998, sono rimasti sospesi. Kassai, che ha lasciato l’Eritrea più di tre anni fa e ha trovato rifugio a Riace, continua a dare da mangiare il fieno agli asinelli. “Mi hanno sempre pagato nonostante tutto” racconta. “Solo negli ultimi tre mesi non ho ricevuto nulla, ma sono sicuro il modo si troverà. Se non dovesse succedere probabilmente andrò altrove, a Roma, a Milano, in Germania, non lo so” continua. Il fratello del sindaco, Sandro Lucano, fatica a essere ottimista. “Hanno tagliato i fondi a inizio 2017, come se volessero distruggere tutto quello che abbiamo fatto. I fondi sono stati tagliati ancor prima che iniziassero le indagini”. Poi per Mimmo è arrivato l’inaspettato arresto, il 2 Ottobre scorso. La guardia di finanza ha suonato il campanello di casa Lucano, vestiti in borghese, presentando al sindaco le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. Il gip ha invece smontato le accuse più gravi di truffa ai danni dello stato e malversazione. Mimmo è accusato di aver affidato il servizio dei rifiuti a una cooperativa non iscritta nel registro regionale delle cooperative. La raccolta dei rifiuti veniva fatta dai ragazzi accolti a Riace, che giravano per il paese con degli asinelli e una cassettina di legno con la scritta “Riace accoglie e non rifiuta”. “All’epoca della concessione il suddetto registro non esisteva, è stato creato nel 2016” racconta Sandro Lucano, “é chiaro che hanno cercato di appigliarsi a qualsiasi cosa”. L’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina si riferisce invece alle celebrazioni di matrimoni giudicati “di comodo” dalla magistratura, tra persone alle quali era stato negato l’asilo e cittadini del paese.

“Il matrimonio vero è stato soltanto uno ed era consapevole e consensuale” racconta Mimmo, mentre cammina nervoso per casa sua tra una telefonata e l’altra, riferendosi a quello tra Stella e Nazareno. Nelle intercettazioni il sindaco afferma che Nazareno è amico di Stella e ha deciso di sposarla “per umanità” e “per aiutarla ad uscire fuori da quest’incubo.” Ad ogni modo, “quello che è successo successivamente tra di loro non può essere giudicato da noi” racconta Lucano. “C’è stato un tentativo più bizzarro” aggiunge poi. “Una signora che si è trasferita a Riace qualche anno fa voleva aiutare una donna finita in strada a prostituirsi. Voleva sposarla lei stessa, ma il matrimonio non sarebbe stato valido per l’ottenimento dell’asilo per ragioni familiari.” Si tratta di Daniela Maggiuli, una signora che ha comprato tre case a Riace con l’obiettivo di collaborare al progetto di accoglienza e che racconta di aver incontrato Sara, una ragazza nigeriana di 29 anni, per strada. “Era disperata, le sue richieste d’asilo erano state rigettate ed era finita a prostituirsi. Il suo protettore era stato arrestato e ho deciso di portarla con me a Riace. Giuseppe, detto Giosi, aveva accettato di sposarla e si era presentato all’altare, ma il sindaco Lucano ha bloccato tutto, quando si è reso conto che non si ricordava nemmeno il nome di lei” racconta Daniela. Incontro Giosi al bar del centro della cittadina, seduto accanto ad altri anziani signori di Riace. Uno di loro è Pietro Zucco, arrestato nel 2011 dalla Cassazione come “testa di legno” del clan ‘ndranghetista Ruga-Metastasio, al quale il ministro dell’interno Matteo Salvini ha fatto da megafono nei giorni seguenti all’arresto di Lucano, condividendo un video in cui infanga il sindaco Lucano. Secondo Zucco, Giosi non aveva la lucidità mentale per una scelta del genere. Zucco, tesserato con “Noi con Salvini”, sta preparando una difesa con il suo avvocato per la tempesta mediatica che si è riversata su di lui. Si lamenta  “che il clima a Riace è che loro vogliono fare tutto quello che vogliono usando tutti i mezzi” e annuncia che “se non la smetteranno di trattarmi come il peggior criminale, sono pronto a rivelare cose ancor più gravi di quelle che sono uscite in questi giorni. Riace non sta con Domenico Lucano.”

Le opinioni della cittadinanza divergono però parecchio dalla sua affermazione. Esistono cittadini che si sentono più vicini alle posizioni di Salvini rispetto a quelle del loro sindaco e si stima che una cinquantina di persone stia formando un circolo della Lega a Riace marina. L’attuale ministro dell’interno è stato eletto proprio in Calabria, grazie anche ai 15 mila voti raccolti proprio nella provincia di Reggio Calabria. Un giovane meccanico (che preferisce non rilasciare il suo nome) racconta di sperare di poter rimanere a lavorare a Riace, ma di non essere entusiasta del progetto di accoglienza. “Questi ragazzi non scappano tutti dalla guerra” racconta.  Rossella invece ha 17 anni e ha frequentato la scuola con diversi ragazzi migranti, compresi i figli della compagna del sindaco, Lemlen, alla quale è stato imposto un divieto di dimora a Riace, a causa della stessa inchiesta su Domenico Lucano. “É stata un’esperienza interessante” racconta Rossella. “Siamo tutti figli di uno stesso Dio. Siamo vicini a Mimmo e speriamo che sia rilasciato al più presto”. Teresa e Giuseppe Russo, pensionati di 77 e 75 anni, sono rimasti sorpresi all’arresto del sindaco. “Non sappiamo quello che è successo con la magistratura” racconta Giuseppe. “Sappiamo che è un bravo ragazzo e che si è fatto in quattro per aiutare questi ragazzi” aggiunge la moglie Teresa.

L’arresto di Lucano, ma soprattutto il blocco dei fondi al progetto Sprar, stanno mettendo a repentaglio il futuro di Riace e il modello che è stato ripreso in una sessantina di comuni in Calabria,  tra i quali Caulonia. L’ex sindaco della cittadina, Ilario Amendolia, conosce Mimmo Lucano da molti anni. “La mia opinione è che Mimmo ha fatto tutto in maniera sanamente illegale. Non avrei mai potuto fare quello che ha fatto lui, che è un sindaco molto più fantasioso e poetico di me. Mimmo è una persona di un disinteresse personale totale, nel senso che lui un centesimo non lo toccherebbe nemmeno sotto tortura. Su questo ci metterei la mano sul fuoco. I soldi che ha ricevuto per i vari premi li ha devoluti, li ha dati, però talvolta non applicava le regole in maniera formale. Una volta eravamo a Modica insieme e ha comprato del cioccolato per i ragazzi ospitati a Riace, con i soldi del progetto, senza l’autorizzazione del ministero. L’illegalità di Lucano va vista in questo senso.” A Caulonia, situata a una decina di chilometri di Riace, circa cinquanta rifugiati e richiedenti asilo hanno ritrovato una parvenza di esistenza normale. L’ex sindaco Amendolia ha appena accompagnato Afissiata, cittadina del Mali, alla festa di matrimonio con Mohammed. Afissiata ha vissuto a Riace per un periodo e ha conosciuto Mohammed a Caulonia. Alla festa del loro matrimonio, i cooperanti e i migranti festeggiano anche con canti e danze tipiche calabresi. La sorella di Afissiata è felicissima e afferma: “é proprio questa la vera integrazione”.

Eppure il sistema Sprar, che in questi anni ha permesso che in Italia si potesse attuare “un’accoglienza integrata”, che prevedesse oltre a vitto e alloggio anche dei percorsi di educazione e inserimento socio-economico per i richiedenti asilo, sta per essere smantellato dal decreto Salvini. Il decreto, oltre ad abrogare la protezione umanitaria che fino ad oggi è stata concessa ai cittadini stranieri che fuggono da contesti di emergenza come conflitti, disastri naturali o altri seri motivi di carattere umanitario, limiterà il sistema Sprar per l’accoglienza soltanto a chi è già titolare di protezione internazionale o ai minori stranieri non accompagnati. Su queste modifiche si sta già concentrando il pensiero di Mimmo Lucano, che guarda al futuro e con il solito fare sognatore e visionario, sogna di creare un sistema di integrazione per queste categorie di persone, a livello regionale, in tutta la Calabria. Per ora però, gli umori del sindaco agli arresti domiciliari sono alterni. Ai momenti di speranza e creatività si alternano altri di sofferenza e frustrazione. “Qual è il risultato di questa operazione?” si chiede. “Qual è il risultato di denigrarmi e di creare sospetto su di me? Vogliono annientare il pensiero, scoraggiare il mio sogno e far prevalere gli aspetti della vita legati all’opportunismo e alla materialità, che per me sono assurdi. Mi sarebbe piaciuto che la gente che oggi mi critica fosse venuta a Riace negli anni Novanta, quando non c’era più nessuno e le scuole e i negozi erano chiusi. Dove sono tutte le persone che facevano queste analisi sociologiche oggi? Mi accusano di aver fatto il contrario di tutto ciò per cui ho lottato in tutti questi anni. Questo per me equivale a distruggere la mia anima. E senza l’anima cosa ci resta?”





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