L’aria che tira ad Atene

Scritto per LEFT - Gli occhi dell’Europa sono su Atene e gli occhi di Atene sono sull’Europa, incollati come non mai alle notizie dei telegiornali per capire cosa sta succedendo, e cosa succederà in Grecia, e in Europa, nelle prossime settimane. L’incertezza verso il futuro ha talvolta la capacità di rendere più interessante il presente, ma per qualcuno ad Atene, e pure a Bruxelles, quest’incertezza sta diventando sempre più snervante. 

Sentimenti di preoccupazione e paura si mescolano ad altri di speranza e rassegnazione, in un calderone di turbolente sensazioni che generano i comportamenti più disparati tra la popolazione greca, sempre più incline a considerare soltanto il presente e a non inoltrarsi a cercare una soluzione al rebus del domani. L’immagine del futuro è offuscata dagli eventi del recente passato e in particolare da quel Gennaio del 2001 quando Atene, con la sua economia tra le più gracili e instabili d’Europa, è entrata a far parte dell’Unione Economica e Monetaria.
La settimana scorsa è stata una delle più lunghe degli ultimi mesi per gli undici milioni di abitanti del paese ellenico. Ogni giorno si è speculato sull’eventualità o meno che il governo di Tsipras raggiungesse un accordo con il gruppo di Bruxelles, composto dall’Unione Europea (UE), la Banca Centrale Europea (BCE), il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e il Fondo salva-Stati (MES). Venerdì scorso era infatti il giorno della scadenza del pagamento della prima parte del debito prevista per questo mese, consistente in 300 milioni di euro. Un accordo che pur essendo visto in maniera controversa, è comunque auspicato dalla maggioranza della popolazione, esausta dopo anni di politiche che hanno portato il paese sull’orlo del collasso e timorosa che un mancato accordo porti il paese verso tempi ancor più duri di quelli vissuti in questi anni.
L’incertezza politica ha ricatapultato il paese nella spirale della recessione, mentre la disoccupazione giovanile ha già superato il 50%. C’è chi ammette di aver già ritirato i propri risparmi e di averli nascosti in casa, o di aver messo in vendita i propri beni immobili per fuggire alle tassazioni sempre più stringenti causati dalle politiche di austerità. “Non ho soldi, non ho un lavoro e quindi non ho nulla da perdere” racconta Melanie, 25enne recentemente laureata in Scienze Politiche, ora in cerca di lavoro. “Sono soddisfatta del comportamento del nostro governo. Sono certa che avrebbe potuto andarci peggio. Dobbiamo aver pazienza e fiducia in Syriza, che credo stia facendo il possibile per ottenere il meglio per il nostro paese”, Un sondaggio di Newsit.gr dà il partito di Syriza al 31,3% dei consensi, contro al 20,4% del suo oppositore liberal-conservatore Nea Democratia. Per la strade di Atene la maggior parte della gente dice di stare con Tsipras, come i clienti del ristorante Konservokuti che inneggiano al nome di Alexis ad ogni brindisi, come la maggior parte dei ragazzi che frequentano le zone universitarie della città e che vedono nella coalizione di sinistra radicale una discontinuità rispetto alla corruzione politica del passato. “Alexis è intelligente e ci piace perché capiamo la sua lingua” racconta Ula, che da anni vive nel quartiere di Exarchia, il quartiere frequentato dai movimenti antagonisti e anarchici della città.“Tutti sapevano che non avrebbero fatto tutto ciò che ha dichiarato in campagna materiale, ma lui è una persona onesta e non ci sta prendendo in giro.”
In questo periodo di negoziazioni, ad ogni modo, le critiche verso Syriza sono tornate a farsi sentire minacciose. “I conservatori non avrebbero mai dovuto concedere a Syriza le elezioni di Gennaio. E’ stato un gravissimo errore” afferma Soti Triantafyllou, famosa scrittrice greca, che come altri intellettuali del paese si è avvicinata al nuovo partito centrista Potami. “Syriza è uno scandalo, non è un partito della sinistra europea, ma un partito comunista pericoloso, anti-europeo e anti-americano che non ha ambizione di comunicare con l’Europa.” Sofi Triantafillou dichiara di aver votato per Syriza quando era un partito al 4%. “Li ho votati per le loro misure sociali e per la loro pressione sulle libertà civili. Non li ho votati per le loro misure politiche, economiche e diplomatiche, che stanno assumendo dei connotati social-fascisti. Temono i giornalisti e gli scrittori che li criticano e sono pronti a tagliare la Grecia in due: da una parte i loro difensori, dall’altra i loro oppositori.”
Le critiche all’operato di Tsipras sono arrivate anche dall’interno del coalizione di sinistra radicale, come dimostrano le dichiarazioni del ministro dell’energia e dell’ambiente Panagiotis Lafazanis, leader della fazione più a sinistra del partito, che si è dichiarato disponibile ad ostacolare il governo nel caso continuasse a negoziare in questi termini con la troika. Dello stesso avviso Stathis Leoutsakos, uno delle anime fondatrici di Syriza, che cerca di spingere il suo governo a rinunciare alle negoziazioni e cercare fonti di finanziamento alternative al FMI, alla BCE e alla UE “per dimostrare”, come ha raccontato al Telegraph, “che per un paese ed un popolo è possibile sopravvivere nonostante le iniziali difficoltà che il primo periodo al di fuori dell’eurozona può comportare.” E sia a destra che a sinistra c’è già chi parla di nuove elezioni.
Kostos Asim, impiegato finanziario della Thompson-Reuters, immagina che un ritorno alle elezioni potrebbe avvenire molto presto. “Il governo di Samaras era sulla strada giusta prima delle elezioni di Gennaio, ma il governo di Syriza ha rimandato l’attuazione delle misure di austerità che ora è comunque costretto ad applicare. In questi mesi di tira e molla non abbiamo guadagnato nulla da questa politica volta ad aumentare il peso del settore pubblico, che è stato proprio l’origine dei nostri problemi. Arriverà il giorno in cui andremo in banca a ritirare i nostri risparmi e non ci sarà più nulla. In quel momento la gente si accorgerà di aver messo il potere nelle mani sbagliare. Senza un accordo ci saranno delle rivolte. Nessuno vuole il Grexit ma a questo punto dobbiamo considerarlo come uno scenario possibile. Per l’Europa, la perdita della Grecia potrebbe servire da lezione”.
In sede al quotidiano di Syriza, Avgi, i toni sono più concilianti e l’accordo con i creditori è visto come l’unica strada percorribile per il governo in questo momento, nonostante si speri che i termini dell’accordo possano essere differenti. “La proposta dell’Europa di ripagare l’1% del PIL quest’anno, il 2% l’anno prossimo, il 3% nel 2017 e il 3,5% del PIL nel 2018 non è accettabile. Si tratta di trovare 7,5 miliardi di euro, dopo cinque anni di politiche di austerità che ci hanno tolto il respiro, il che mi sembra di difficile attuazione. Un accordo di rinegoziazione del debito potrebbe invece essere un buon inizio per una nuova trattativa” racconta l’editor finanziario di Avgi. “Nonostante le critiche interne, circa l’80% di Syriza continua ad essere pro-euro. Sono in pochi a sinistra ad auspicare la caduta di un governo di sinistra democraticamente eletto, una novità storica nello scenario politico greco. La deadline del 30 giugno per li pagamento dei primi 1,5 miliardi ci da ancora un po’ di tempo per studiare qualche nuova strategia.” 
La politica aggressiva in Europa di Tsipras e del ministro delle finanze Varoufakis ha creato facili entusiasmi in patria, ma scarsi successi dal punto di vista delle negoziazioni con i creditori, che non si sono dimostrati favorevoli a concessioni di alcun tipo verso il governo greco. Dopo aver ottenuto il rinvio del pagamento dei primi 300 milioni, in un un’unica sezione da 1,5 miliardi di euro alla fine del mese, il leader di Syriza nel suo discorso al Parlamento di Venerdì scorso ha cercato ancora una volta di infiammare gli animi all’interno del suo paese, affermando che “I greci dovrebbero essere orgogliosi, perché il governo non ha intenzione di accettare delle richieste assurde.” Il braccio di ferro con la troika ha finora però messo più in difficoltà il governo greco, che si trova ora costretto a fare marcia indietro su alcune delle promesse fatte in campagna elettorale. Le richieste della troika per erogare nuovi fondi di salvataggio sono l’aumento dell’IVA, nuove privatizzazioni e un taglio alle pensioni, punto quest’ultimo alla base della campagna elettorale di Tsipras che aveva promesso alla sua gente addirittura un aumento delle pensioni.
“Alla gente piace Syriza perché ha passato una vita di sofferenze e non sa più cosa pensare.” afferma Yanis, ingegniere civile ad Atene. “Loro sono bravi e intelligenti, ma neppure Gesù Cristo potrebbe salvarci a questo punto. A livello negoziale il governo è stato incompetente, ha avuto buone intenzioni ma gli europei non cedono su nulla. In questo ambito era più preparato il governo di Samaras, seppur non abbia mai avuto il coraggio di prendere misure importanti. I greci comunque non vogliono sentirsi trattati come dei mendicanti e l’atteggiamento di Tsipras ha restituito loro un po’ d’orgoglio.” Tra i giovani che hanno votato Syriza c’è chi si sente tradito dall’azione del governo, come il musicista Christos Panaiotis.“Syriza ci ha promesso cambiamento, ma sta applicando le stesse politiche del governo precedente. La gente diventa giorno dopo giorno sempre più individualista, pensa a salvare sé stessa anziché cercare il bene delle comunità. Non voterei più per Syriza se ci fossero nuove elezioni. A questo punto preferisco non votare”.
Irini, un avvocato di trent’anni che vive nei quartieri a sud dell’Acropoli, vuole pensare positivo: “continuare a lamentarsi non migliorerà la situazione. Il problema in Grecia è che la gente si aspetta sempre che il cambiamento avvenga dall’alto, ma dobbiamo renderci conto che il cambiamento è nelle nostre mani e che dobbiamo assumere un atteggimento propositivo. Molti anarchici e radicali di sinistra sono arrivati a pensare che Syriza sia un partito come gli altri, ma con questo atteggiamento di sfiducia e immobilità le cose non cambieranno mai. Sono convinta che da Gennaio molte cose siano già cambiate e che si sia creato un clima di maggior fiducia verso le istituzioni.” Irini guadagna circa cinquecento euro all’anno con il suo lavoro e condivide il suo appartamento con un’altra ragazza, che è stata studentessa all’Università di Atene e che ha avuto il ministro della finanze Varoufakis come professore di teoria economica. “Varoufakis mi ha dato un brutto voto a causa di un errore grammaticale” afferma Irene. “Ripensandoci, questo episodio mi fa pensare a quanto il suo carattere sia arrogante, anche se questo suo approccio da spaccone applicato al governo mi piace davvero molto.” Per le strade di Atene c’è che pensa a Varoufakis come ad un pazzo, chi lo vede come un idolo, chi lo paragona ad un prestigiatore che sta giocando con il fuoco e chi come Dimitrus, studente di 24 anni di Economia, lo reputa un personaggio più impegnato a promuovere se stesso che la salute del paese. “Per tempi così disperati ci vogliono misure disperate. Non credo che questo governo sia intenzionato a provvederle” racconta Dimitrus “Credo che questo governo deva impegnarsi a trovare delle soluzioni concrete, per esempio verso il tema dei migranti. Dicono che i migranti se la stiano passando bene sotto al sole di piazza Omonia, senza comprendere la gravità del problema”
In effetti il problema dei migranti si sta sommando in maniera pericolosa alle difficoltà politiche ed economiche attuali della Grecia. Dalla Turchia e attraverso le isole del Dodecanesimo, in questi mesi, sono arrivati migliaia di migranti, mettendo in difficoltà gli uffici di ricezione delle isole, dove i nuovi arrivi andrebbero identificati con la raccolta delle impronte digitali. Le strutture nelle isole sono inadeguate per far fronte ad un’emergenza di questo tipo, il tutto a discapito del turismo, economia principale nelle isole, dopo che le immagini dell’arrivo di migliaia di profughi sulle coste ioniche hanno fatto il giro del mondo spingendo molti vacanzieri dell’Europa del Nord a ritirare le loro prenotazioni. In un hotel dismesso nella periferia dell’omonima città di Kos, centinaia di migranti sono finiti a vivere in condizioni igieniche estremamente precarie, in stanze piene di persone, in attesa dell’agognato documento di non-espulsione con il quale continuare il proprio viaggio verso l’Europa.
“Non abbiamo la capacità di accogliere tutti questi migranti. Non abbiamo strutture né soldi. Stiamo aspettando i fondi di emergenza dell’Unione Europea e per ora dobbiamo affidarci all’aiuto delle organizzazione non governative. Tutte le nostre risorse economiche ci servono per il settore pubblico” racconta il ministro dell’immigrazione Tasia Christodolou. Nel frattempo piazza Omonia di Atene è diventato il punto d’incontro di questi destini diversi in viaggio verso il Nord d’Europa. “L’Unione Europea deve capire che il ventunesimo secolo sarà il secolo delle persone che migreranno a causa della guerre, della competizione per le risorse e per la povertà” racconta il ministro. Le storie di questi migranti, provenienti soprattutto dalla Siria dilaniata dalla guerra, si mescolano in maniera bizzarra alle vicende del popolo greco e alle migliaia di giovani che ogni anno lasciano la Grecia per andare a studiare e lavorare in altre città europee, in quella che è la più grande fuga di cervelli all’interno dell’Unione. Questi ultimi sono in fuga da un paese che da quando fa parte dell’eurozona non produce più nulla, se non nuove idee di politica e società che mal si adattano ai gusti attuali dei funzionari di Bruxelles.

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