I greci hanno voltato le spalle a Syriza

Scritto per LEFT, 14 Giugno 2019. Il risultato delle elezioni europee e amministrative in Grecia è stato chiaro e severo per Alexis Tsipras: 9 punti in percentuale in meno rispetto al rivale Kyriakos Mitsotakis. Difficile credere che alle elezioni nazionali del 7 Luglio il risultato potrà essere ribaltato. E così il partito di destra Neo Demokratia si appresta a fare un’altra scorpacciata di voti e a tornare al governo, quattro anni e mezzo dopo l’ultimo governo Samaras. 

UN SOGNO INFRANTO 
Seduto in un caffè del quartiere di Kipseli ad Atene, Thanos, 35 anni, ex-membro della “Coalizione della Sinistra Radicale”, al potere ad Atene dal Gennaio del 2015, si chiede: “É giusto parlare di vittoria della destra, o non sarebbe più corretto parlare della sconfitta di Syriza?” Eletto dai greci per resistere alle politiche di austerità e per restituire dignità a un paese umiliato dalla troika, Tsipras ha abbandonato il radicalismo per trasformarsi in un politico pragmatico, guadagnandosi la fiducia di Angela Merkel e dei creditori internazionali. Una trasformazione che in molti non hanno digerito. Alla fine della rovente estate del 2015, Thanos ha deciso di lasciare Syriza.
“La sinistra greca aveva trovato compattezza nel braccio di ferro contra lo troika e le politiche di austerità contenute nel terzo memorandum. Eravamo pronti a soffrire pur di non abbassare la testa, convinti di poter creare un futuro migliore. É nel tradimento del voto popolare del referendum, che vanno ricercate le cause dell’attuale sconfitta di Syriza. Mai avremo pensato che un partito che si definisce di sinistra, avrebbe attuato politiche che neppure la destra ha avuto il coraggio di fare. Nessuno di noi si sarebbe aspettato uno scenario simile” aggiunge Thanos. 

Per mantenere le promesse con i creditori, il primo ministro greco è ricorso a misure fortemente impopolari, come l’aumento delle tasse, il taglio delle pensioni, le privatizzazioni, la vendita di molti beni di stato. Misure che gli hanno inimicato una buona parte della classe media impoverita, che è tornata a votare per Neo Demokratia. Eppure il paese è finalmente uscito dal piano di salvataggio e i dati economici sono probabilmente i migliori degli ultimi anni di crisi. Secondo Eurostat, l’economia è cresciuta del 1.9% nel 2018, un risultato superiore a quello di altri paesi europei, come l’Italia (inferiore però a paesi come l’Irlanda, il Portogallo e Cipro che a loro volta hanno avuto programmi di salvataggio). La disoccupazione rimane la più alta dell’eurozona, ma è scesa nell’ultimo anno dal 20.6% al 18.5% (con quella giovanile che si è assestata dal 40,3% al 38,8%). I salari continuano comunque a rimanere del 21% più bassi rispetto a quelli dell’inizio della crisi nel 2008, sempre secondo Eurostat. 

“Hai notato qualche differenza tra Luglio e Settembre del 2015?” mi domanda ancora Thanos in modo retorico. L’incredibile fermento politico che si respirava ad Atene in quel periodo, culminato con la più grande manifestazione popolare della storia recente del paese ellenico, é scemato con la firma del memorandum. I discorsi politici che si ascoltavano nelle piazze, nelle scuole, nei caffè e nelle taverne, sono diventati lamenti. La politica è svanita, lasciando spazio a una dolorosa rassegnazione. E così anche i greci più ribelli hanno dovuto digerire il dogma neoliberista ‘there is no alternative’. L’orgoglio ritrovato di un popolo che si sentiva ferito dalle politiche europee, si è trasformato per qualcuno in rabbia, per qualcun altro in rassegnazione.

“É stata una stagione politica incredibile. Dopo tanto tempo, ci siamo sentiti finalmente attori di un cambiamento in corso” mi racconta James Simbouras, curatore del Contemporary Art Showcase di Atene, camminando per il parco dell’accademia di Platone. “Avevamo la sensazione che tutto potesse succedere e che avremmo potuto cambiare la società. La gente si sentiva eroica, con quella drammaturgia tipica del teatro greco. Ci siamo trovati al centro di una serie di crisi globali, diventando un laboratorio politico dove immaginare una nuova visione del mondo. I meccanismi dell’attivismo e della solidarietà sono riusciti in tempo record a rimpiazzare quelli di un sistema che non riusciva a reagire alle necessità e alle emergenze che ci trovavamo ad affrontare. Ci siamo convinti che il vecchio mondo di compromessi fosse all’epilogo e che una nuova stagione fosse alle porte. Personalmente, non ho mai respirato un tale senso di libertà. Per questo, oggi non possiamo che essere insoddisfatti. Non posso biasimare chi decide di non andare più alle urne” racconta James. Di sogni e utopie, la maggior parte del popolo greco, sembra non voler più sentire parlare. 

LA DESTRA CHE AVANZA 
Fa pensare che Kostas Bakoyannis, l’appena eletto sindaco di Atene, abbia preso il 65% dei voti promettendo normalità e ordine, rigettando utopie e grandi promesse. L’enorme afflusso di immigrati e l’aumento dei crimini in quartieri sensibili del centro di Atene, hanno sicuramente giocato a suo favore. Bakoyannis è il rampollo di una dinastia politica del centro destra. Sua madre Dora è stata già sindaca di Atene. Il nonno Konstantinos Mitsotakis, è stato primo ministro con Nea Demokratia dal 1990 al 1993. Lo zio Kyriakos Mitsotakis, 51 anni, capo politico attuale della formazione di destra, è destinato a diventare primo ministro del paese, dopo aver vinto le elezioni europee con il 33.2% dei voti. Per governare avrà bisogno di una maggioranza del 40%. Le promesse di Kyriakos Mitsotakis sono quelle tipiche del neoliberismo: tagliare le tasse per far ripartire l’economica, ridurre le spese pubbliche e per il sociale, semplificare la burocrazia, dare benefici alle imprese, il tutto mettendo grande enfasi sui temi della sicurezza. Il leader di Nea Demokratia ha promesso di creare 700.000 posti di lavoro in 5 anni e di riportare a casa almeno mezzo milione, tra gli 860.000 lavoratori qualificati che hanno lasciato il paese dal 2009 a oggi.

“Il nostro paese ha bisogno di ripartire al più presto” afferma Kostantino, 51 anni, architetto. “Abbiamo perso moltissimo tempo per delle lotte politiche  che non hanno portato a nulla. Il governo afferma di aver arginato la crisi ma i salari non aumentano. Tsipras ha pensato soltanto a tenere sé stesso saldo al governo, tradendo chi è stato così sciocco da credere in lui. Ha illuso la gente facendo leva sull’orgoglio delle persone. Senza un serio sostegno alle imprese, il nostro paese non andrà da nessuna parte. É inevitabile che Mitsotakis diventi il nuovo primo ministro.” 

“Tsipras ha fatto il contrario di quello che ha promesso” mi racconta Lila, 40 anni, gioielliera. “La gente non ha più fiducia in lui, anche perché ha scelto dei ministri inaccettabili, come Pavlos Polakis, ministro della Salute, ripreso a fumare durante alcune conferenze pubbliche. Dove vogliamo andare con questa classe politica?” continua. “L’economia è stagnante. Il turismo è cresciuto e da l’impressione che le cose migliorino, ma possiamo davvero contare su questa economia per progredire come paese moderno?” si domanda Lila.

Prende le difese del primo ministro invece Panos, titolare di un ristorante nel quartiere turistico di Plaka. “Con tutte le difficoltà che abbiamo avuto, le nostre attività avrebbero potuto risentirne profondamente. Invece Tsipras è riuscito ad arginare il caos e far si che l’industria del turismo potesse tornare a crescere subito, dopo la flessione del 2015. Recentemente ha abbassato la tassa sulla ristorazione dal 24 al 13%. Chi torna a votare Neo Demokratia probabilmente passa troppo tempo davanti alla televisione…” conclude ironico.


LA QUESTIONE MACEDONE
A pesare sul calo di popolarità di Alexis Tsipras è stato anche lo storico accordo con il governo di Skopje per il nome del paese confinante, la 
“Macedonia del Nord”. Seppur celebrato dalla comunità internazionale come un accordo storico che sblocca una questione irrisolta da 27 anni, l’accordo è probabilmente costato molti voti al premier di Atene, che si è attirato il disprezzo dei nazionalisti. Secondo Benjamin Karakostanoglu, ex sindaco di Salonicco in quota Nea Demokratia e professore di Diritto internazionale, “il 70% dei Greci sono contrari all’accordo. A Skopje la gente non si definirà mai nord-macedone” mi racconta Benjamin in una caffetteria di Salonicco. “L’esistenza di un Nord, presuppone che ci sia anche un Sud e che le due parti possano un giorno tornare unite.” Mitsotakis d’altro canto, si è sempre schierato contro l’accordo e ha recentemente dichiarato che una volta eletto, bloccherà il processo di accesso all’Unione Europea del paese confinante.

“É ovvio che molti elettori della Macedonia greca, hanno punito Tsipras alle elezioni europee per questo accordo” racconta Daphne, giornalista che ha seguito i maggiori avvenimenti di cronaca nel paese in questi anni. “Sembra comunque incredibile che un leader sopravvissuto a un referendum rinnegato e alla più grande crisi di rifugiati dalla seconda guerra mondiale, possa essere sconfitto dal partito che ci ha portato nell’abisso di questa crisi economica” racconta. “Il popolo in questi anni si è abituato a punire i propri rappresentanti per una crisi che sembra infinita. E così, cambieremo governo ancora, perché le cose non cambino mai davvero”. Alexis Tsipras ha definito il voto come una sfida tra le forze progressiste e il vecchio establishment politico, che ha portato la Grecia al tracollo finanziario. Ma è un Tsipras molto diverso da quello che ha affascinato il suo popolo quattro anni fa, diventando un punto di riferimento per la sinistra europea in affanno. É un leader ormai distante dai movimenti che hanno lanciato il suo successo politico, più orientato a rincorrere la destra sfidandola con gli stessi temi, quello delle tasse in primis, per recuperare terreno con la classe media che sembra averlo abbandonato.



Using Format