Giornalisti Migranti - A Cagliari la realtà di NOIS


Scritto per LEFT, 10 Giugno 2017

Mentre al porto di Cagliari stanno sbarcando oltre 800 persone migranti salvate al largo delle coste libiche, nella sede di “Eja TV” si sta registrando l’ultima puntata di NOIS: il telegiornale per migranti, fatto dai migranti. La Sardegna, in questi anni, è stata sempre più al centro dei flussi migratori nel Mediterraneo. Oltre 3.000 persone sono già sbarcate nel 2017, l’anno che per come è iniziato potrebbe essere quello dell’esodo più numeroso di migranti africani verso l’Italia. Le strutture di ricezione sono al limite, i progetti di accoglienza e integrazione sono quasi inesistenti. In questo scenario, il progetto NOIS mira a catalizzare le esperienze e le energie di un gruppo di migranti, che per scelta o per i casi della vita, sono arrivati nel capoluogo dell’isola sarda. Otto di loro hanno avuto l’opportunità di cimentarsi nella professione di giornalista, assistiti dagli operatori locali di “Eja TV” e dall’associazione “Sardegna teatro”, che insieme hanno vinto il bando del ministero dei Beni Culturali “MigrArti”. Nel corso di un anno NOIS ha prodotto quattro puntate, tutte girate in Sardegna, con l’intento di ribaltare la narrativa mediatica nei confronti delle migrazioni. La quinta puntata, finiti i fondi, è stata finanziata da “Eja TV”. Potrebbe essere l’ultima, se non arrivano nuovi finanziamenti, ma nessuno vuole arrendersi a questa eventualità. “Crediamo tantissimo in questo progetto” racconta Nadine Naserredine, che già da cinque anni vive in Sardegna. E’ l’unica del gruppo ad aver lavorato come giornalista nel proprio paese prima di cominciare con NOIS. Dopo la guerra e la laurea in Scienze della Comunicazione, Nadine ha collaborato con una TV libanese e con un paio di riviste. Poi la decisione, mai rimpianta, di trasferirsi in Sardegna, seguendo i consigli di un professore libanese. E’ lei la voce del notiziario, accompagnata da Yakouba Abdellatif, 20 anni, proveniente dal Benin, che come dice Nadine, “una volta che prende in mano un microfono non lo molla più”. Latif, come lo chiamano tutti i suoi amici, è stato aggregato al gruppo quando ha manifestato la sua grande passione per il raccontare. “Ho sempre sognato di fare il giornalista” racconta a Left. “Non potevo stare nel mio paese. Quella vita non faceva per me. Sognavo di essere libero, di poter esprimermi, di sottrarmi dalle strutture familiari della mia terra d’origine. Ho venduto il mio scooter e sono partito senza dire nulla a casa. Ho attraversato il Niger e poi il deserto, per cinque lunghi giorni senza cibo e acqua, prima di arrivare in Libia” racconta. “Una volta in Libia mi hanno preso per strada e messo in una prigione per tre mesi e due settimane. Ho visto gente morire lì dentro, freddati perché tentavano di scappare. Poi ho capito che avrei potuto lavorare per gli scafisti, in cambio di un viaggio in Italia. Per mesi lavoravamo dalla mattina alla sera, ma almeno ci davano da mangiare. Poi un giorno ci hanno bendato e portato verso la costa. Quando mi hanno tolto la benda ero circondato da persone, in un barcone, diretto alle coste italiane.” Per Latif, trovarsi ora a raccontare le storie di chi come lui è arrivato e vive in Sardegna, è un grande privilegio. “Credo che da questo progetto nascerà qualcosa di fantastico” racconta. Valentina Bifulco, collaboratrice di “Eja TV” che ha seguito il progetto fin dal principio, se lo augura davvero. “Questo progetto ha creato delle energie bellissime. Abbiamo messo questi otto ragazzi al centro di un progetto. Si sentono utili e protagonisti. Hanno creato relazioni. Si sentono soggetti attivi, e non passivi, come la maggior parte dei migranti. Hanno realizzato un sogno e trovato un motivo per rimanere qui. La maggior parte dei migranti vuole andarsene subito. Quando arrivano a Cagliari e scoprono di essere in un’isola, sono terrorizzati all’idea di dover riprendere il mare…” 

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