Com’è difficile essere rifugiato in Regno Unito

Scritto per Left, 30 Luglio 2016

Intervista a Maurice Wren, amministratore delegato del Refugee Council del Regno Unito, la principale organizzazione del Regno Unito che fornisce supporto logistico e consigli utili a rifugiati e richiedenti asilo. 

Quali sono gli effetti dell’imminente uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sulle politiche britanniche nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo?
Brexit o non Brexit, il numero di rifugiati che cercheranno di entrare in Regno Unito rimarrà invariato. Il nostro governo continuerà ad adottare politiche che rendono difficile il loro ingresso nel nostro paese, ma così sarebbe stato anchese il popolo avesse votato in maggioranza per il Remain. Il Regno Unito si trovava già in una condizione privilegiata rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea riguardo alle politiche d’immigrazione. Siamo fuori dall’area Shengen. Ci siamo chiamati fuori dalle dalle direttive comuni che stabiliscono un minimo standard per la ricezione e il trattamento dei rifugiati, come il programma di ricollocamento stabilito nel Settembre scorso, che avrebbe dovuto trasferire 160.000 richiedenti asilo in due anni dalla Grecia e dall’Italia, ma che sta fallendo miseramente per le divergenze tra i paesi dell’UE. Oggi come prima, i problemi devono essere risolti sia a livello regionale che globale, sia con le organizzazioni internazionali che con i nostri partner europei. Chiaramente, gli effetti principali della Brexit saranno da misurare soprattuto sugli immigrati provenienti dai paesi dell’Unione Europea che vivono in Regno Unito e meno sui richiedenti asilo.
In che modo il flusso migratorio degli ultimi due anni ha influenzato la percezione dei migranti e dei rifugiati tra la popolazione del Regno Unito? Ha funzionato la retorica di Farage, culminata con lo scandaloso poster che ritrae migliaia di rifugiati in cammino, usati per descrivere il fallimento dell’UE?
Il numero di rifugiati che ogni anno entrano in Regno Unito è molto inferiore alle cifre di molti altri paesi europei. Quest’anno l’ONU ha stimato che la Gran Bretagna riceverà 36.000 nuove domande di asilo, delle quali, secondo gli standard britannici, circa il 40% verranno accolte e le restanti saranno respinte. Più della metà dei nuovi arrivati dovranno lasciare il paese o saranno forzati a lasciarlo. La percezione del dramma dei rifugiati tra la popolazione è piano piano cambiata, nonostante la campagna denigratoria del fronte del Leave, che ha fatto leva su sentimenti di opposizione all’immigrazione. Mentre le immagini toccanti di migliaia di rifugiati in viaggio verso l’Europa arrivavano nel Regno Unito, la gente ha cominciato a mettersi nei panni di queste persone e a comprendere di più le loro storie. Credo che generalmente il livello di empatia sia aumentato e non diminuito. La retorica dell’immigrato che cerca di entrare in Regno Unito per sfruttare i benefici del welfare ha cominciato a vacillare, nonostante gli allarmismi mediatici quotidiani. Di certo il voto per la Brexit è un passo indietro, che segue alcuni incoraggianti passi in avanti. Nei giorni successivi alla morte di Alan Kurdi e alla circolazione virale delle immagini del suo corpo esangue sulla spiaggia turca, il premier Cameron ha dichiarato che il Regno Unito si sarebbe impegnato ad accogliere migliaia di rifugiati. Non lo ha fatto per compassione, ma per motivi prettamente politici. I suoi consiglieri si sono resi conto che la popolazione esigeva che il governo facesse di più per queste persone. E’ così che in qualche settimana è arrivata la decisione di ricollocare 20.000 rifugiati siriani in Gran Bretagna nel corso di cinque anni. E’ stato soltanto grazie alle pressioni della popolazione che il governo si è inoltre deciso a prendere un numero non specificato di minori non accompagnati e ad accogliere 3.000 bambini in condizioni a rischio.

Quali sono i limiti principali del servizio di asilo nel Regno Unito? 
Il Regno Unito è uno dei paesi artefici della convenzione sui rifugiati e della convenzione europea sui diritti umani, che formano la base del sistema di protezione nel Regno Unito. Ciononostante spendiamo cifre considerevoli per gestire un sistema d’asilo che è a dir poco inadeguato. Il 30% dei rifugiati che si vedono rifiutare la propria domanda di asilo, ottengono una revoca delle sentenza quando hanno la possibilità di ricorrere in appello grazie a degli aiuti legali. Ciò significa che almeno il 30% delle decisioni prese sono sbagliate, senza che nessuno se ne fasci la testa. Sono numeri preoccupanti, se si pensa che dall’esito di queste decisioni dipendono le vite di centinaia di persone. Molta di questa gente ha lasciato un paese in guerra, una famiglia decimata, una casa distrutta, una vita sradicata e non s’immaginano minimamente che una volta raggiunto il paese che considerano “sicuro”, i loro problemi siano appena cominciati.

Quali sono le principali ragioni per le quali le richieste di asilo in Regno Unito vengono respinte?
In Regno Unito si è consolidata la convinzione che la maggior parte dei richiedenti asilo stiano in qualche modo cercando di abusare il sistema. Chi descrive le proprie persecuzioni basate su questioni di genere è spesso trattato come un falso. Lo stesso accade per le persecuzioni per motivi religiosi. Capita spesso che ai richiedenti asilo venga detto di tornare nel proprio paese e di celare le loro credenze. Vengono così applicati standard britannici a persone che scelgono di voler vivere la loro vita diversamente. Vengono regolarmente condannati coloro che viaggiano in Regno Unito con documenti falsi, nonostante l’articolo 31 della convenzione dei rifugiati descriva chiaramente che i rifugiati hanno il diritto di protezione nel paese di arrivo, nel caso acquistare falsi documenti sia l’unico modo per fuggire alla persecuzioni nel loro paese d’origine. Ma ciò che è più preoccupante è che i richiedenti asilo che si trovano nelle strutture di accoglienza siano costantemente etichettati come “altri” e quindi costretti a rimanere ai margini delle società e ad essere trattati come esseri umani di “seconda classe”.

In cosa consiste la dicotomia tra richiedenti asilo “meritevoli” e “immeritevoli” che sembra prevalere in Regno Unito?
Il sistema d’asilo vorrebbe stabilire chi è titolare di diritti d’asilo in base alle proprie preferenze. Secondo questa mentalità, i “rifugiati meritevoli” sono coloro che lasciano il paese dove subiscono persecuzioni e si stabiliscono in un paese confinante, dal quale decidono di partecipare alla “lotteria del ricollocamento” per cercare di ottenere un trasferimento nel Regno Unito. Chi invece decide di non aspettare nei campi profughi in Giordania, in Libano e in Turchia e di mettersi anziché in viaggio verso l’Europa è considerato un “rifugiato immeritevole”. Il governo preferisce favorire i primi, che può gestire in base agli imperativi politici domestici del momento.

Quale strategie propone il Refugee Council per il trattamento dei rifugiati e dei richiedenti asilo?
Come prima cosa, dobbiamo aumentare i sistemi che permettono alle persone di arrivare in maniera sicura e legale nel nostro paese per chiedere protezione. Dovrebbero essere creati dei visti umanitari per i rifugiati. Dobbiamo essere più flessibili nel programma di riunificazione familiare, che per ora funziona soltanto per i minori di diciott’anni ed esclude tutti gli altri.  Come seconda cosa, dobbiamo assumere personale altamente qualificato per analizzare le richieste d’asilo. Al momento in Regno Unito si preferisce che il sistema non sia efficiente e che questa inefficienza faccia da deterrente verso coloro che vogliono accedere al nostro paese. Terzo, chi fa richiesta d’asilo deve essere trattato con dignità e rispetto nel corso di tutto il processo. Il sistema attuale prevede alloggi inadeguati, lunghi periodi di detenzione e finisce per spingere le persone verso l’indigenza. 

In un periodo di pessimismo seguito al voto del Brexit, quali sono i progetti virtuosi sui quali contare?
Negli ultimi mesi sono sorti vari progetti nei quattro angoli del paese intesi a dare una speranza per il futuro ai molti rifugiati nel paese. La drammaticità della guerra in Siria ha convinto molte organizzazioni ad aumentare le pressioni nei confronti del governo britannico per cercare di cambiare il livello del dibattito interno attuale. Progetti sociali, educativi e religiosi hanno cercato di proporre nuovi approcci basati sull’integrazione. Il progetto “City of Sanctuary” è il più virtuoso di questi e si impegna a costruire una coltura di ospitalità per molti rifugiati presenti in Regno Unito. Una trentina di università britanniche hanno offerto delle borse di studio a rifugiati siriani. A livello governativo, l’impegno di accogliere 20.000 rifugiati siriani nei prossimi cinque anni, ha dato una spinta all’evoluzione del dialogo sull’integrazione dei richiedenti asilo. Questo progetto non può essere sufficiente in sé, ma è comunque un buon inizio. Noi del Refugee Council vogliamo dimostrare di poter gestire questi processi in maniera efficiente, generando ottimi risultati. L’unica possibilità che abbiamo è quella di cambiare le cose, perché non farlo significa continuare ad essere parte del problema. 

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